Contemporaneamente in una calda serata milanese d’inizio giugno nello stesso luogo vanno in scena un ritorno e un addio. Il ritorno è quello dei concerti a San Siro.
Dopo due anni di chiusura a riaprire i cancelli dello stadio milanese è stato Elton John che nella struttura milanese, dal destino incerto, ha messo in scena la sua prima volta nello stadio di Milano ma anche l’addio al pubblico italiano con una tappa del “Farewell tour”, quello con cui abbandona la parte live della sua carriera.
L’addio del 75enne Sir Reginald Kenneth Dwight era uno di quegli appuntamenti imperdibili, una grande occasione che il pubblico, proveniente da ogni parte d’Italia non poteva mancare. E così è stato, con un San Siro pieno come nelle grandi occasioni (con il prato attrezzato con comode sedute).
Entrando allo stadio una semplice occhiata bastava per capire la “trasversalità” del pubblico. Sicuramente media d’età alta ma molti giovani (non giovanissimi) hanno contribuito ad abbassare questo dato anagrafico. Pubblico quest’ultimo che magari non ha fruito “in diretta” dei primi anni di carriera del musicista inglese ma che lo ha conosciuto e apprezzato nel corso del suo lungo e variegato percorso. Percorso che Elton John ha ovviamente ricordato in questo concerto d’addio che mutuava il nome dal suo album del 1973 “Goodbye Yellow Brick Road” con il “Goodbye” sostituito dal “Farwell”.
L’inizio dello show è fissato per le 20.00 e con pochi minuti di ritardo, preceduto dalle note registrate di “Pinball Wizard” dei The Who, Elton sale sul palco accompagnato dalla sua band (il guantato batterista Nigel Olsson, al suo fianco dal 1969, John Mahon alle percussioni insieme allo storico e bizzarro percussionista Ray Cooper, il bassista Matt Bissonette e Kim Bullard alle tastiere). Si parte con la luce ancora alta e questo penalizza un po’ la parte scenografica del concerto che però dalle prime note si rivela energico e con un’ottima spinta musicale (a parte le usuali difficoltà dell’acustica d’inizio spettacolo). L’apertura è affidata alla consueta “Bennie and The Jets” (co firmata con il paroliere Benni Tuapin) proprio dal disco “Goodbye Yellow Brick Road”.
Elton è seduto al piano, vestito con una giacca, dalle lunghe code, glitterata come gli occhiali. Le immagini sul video regalano abbondanti primi piani del musicista che finito il primo brano (e lo farà per tutti) si alza e ringrazia il pubblico mandando baci in ogni direzione dello stadio incitando i presenti, i quali non si fanno certo pregare creando così uno specchio di reciproche standing ovation. Evidenti purtroppo appaiono delle difficoltà di movimento da parte di Elton, il quale sembra camminare affaticato, a piccoli passi. Anche se non rinuncia a muoversi, l’agilità non è decisamente delle migliori. Ineccepibile invece la sua forma vocale e la sua voglia di suonare.
Il concerto prosegue mettendo in campo nella sua durata una grande varietà sonora. Si va dagli iniziali brani molto potenti per poi mettersi su dei binari più da “ballata” con tanto di “Border Song” (dedicata ad Aretha Franklin) fatta voce e piano (e basi di archi).
Lo spettacolo si divide nettamente in due parti. La prima “altalenante”, con spinte rock e momenti più “delicati” e meno aggressivi. La seconda metà è invece decisamente più potente e robusta. In campo si alternano molte sfaccettature musicali: blues, soul, psichedelia, hard rock, rock’n’roll, progressive rock e anche tanta melodia.
Nella prima parte spicca la versione di “Rocket Man” con una lunga coda strumentale (qualcuno dice fin troppo) che sfocia nella psichedelia e un’ottima “Levon” dove trova ancora ampio spazio la band, così come “Have Mercy On The Criminal” con un lungo assolo di chitarra. La prima parte termina poi con la melodia di “Candle In The Wind” con lo stadio immancabilmente illuminato dalle torce dei telefonini.
La lunga ed emozionante “Funeral For a Friend/Love Lies Bleeding” con una ancora infinita intro strumentale molto progressive, apre la seconda parte dello spettacolo che è stata inframmezzata dai rumori e immagini (provenienti dall’impianto e non da Madre Natura) di un potentissimo temporale. È decisamente una versione infuocata quella che propone Elton, il quale nel frattempo ha cambiato d’abito (giacca e occhiali più sobri, meno glitterrati). Anche il calare della luce permette di introdurre la potenza (in realtà non eccessiva) dell’impianto luci.
Questo “secondo tempo” è un cambio di passo; ha un grande “tiro”, molto potente ed esplora il lato più rock di Elton John. Sullo schermo scorrono molte immagini, tra repertorio, cartoni animati (con Elton John versione Simpson) e spezzoni del film “Rocketman” del 2019. Tutto a “condire” una musica che convince, coinvolge e trascina il pubblico, il quale è letteralmente travolto dallo spettacolo. A dare la “mazzata” finale arriva il r’n’r di “Crocodile Rock” ed una potente rock version di “Saturday Night’s Alright For Fighting”.
Dopo quasi due ore si va verso la chiusura. Elton sale sul palco per i bis con una vestaglia da camera. L’ultimo spazio si apre con una versione techno/dance di “Cold Heart” (in origine il duetto con Dua Lipa). Da solo sul palco canta con l’aiuto delle basi dance ed elettroniche. Momento francamente evitabile e fuori contesto di tutto lo show. Si prosegue con la delicatezza regalata da “Your Song” (ancora San Siro illuminato dalle torce) per arrivare alla travolgente chiusura con “Goodbye Yellow Brick Road”. Sul finale del brano, accompagnato dalla musica della band (e dai cori del pubblico), Elton sale su un ascensore che, salutando, lo fa salire nel buio della parte alta del palco sino a sparire per poi trovarlo in versione cartone animato che, di spalle e con il classico giubbotto con la scritta del suo nome, entra in un mondo tutto colorato e pieno di luce.
Tripudio e qualche lacrima tra il pubblico che arrivano sulle note registrate di “Don’t Go Breaking My Heart”
Elton saluta il suo pubblico con uno show ben costruito, un po’ meno convincente nella prima parte (dove non sempre riesce a conquistare e a tenere alta l’attenzione) ma assolutamente vincente nella seconda. Conquista San Siro con merito e lascia tutti con un bel ricordo.
Ma sarà veramente la fine?
SCALETTA
Bennie and the Jets
Philadelphia Freedom
I Guess That’s Why They Call It The Blues
Border song
Tiny Dancer
Have Mercy On The Criminal
Rocket Man
Take Me To The Pilot
Someone Saved My Life Tonight
Levon
Candle in The Wind
Funeral For A Friend/Love Lies Bleeding
Burn Down The Mission
Sad song
Sorry Seems To Be The Hardest Word
Don’t Let The Sun Go Down On Me
The Bitch Is Back
I’m Still Standing
Crocodile Rock
Saturday Night’s Alright For Fighting
Bis
Cold Heart
Your Song
Goodbye Yellow Brick Road
SCORE: 8,00
Recensione di Luca Trambusti per musicadalpalco.com (Clicca per leggere l’intero articolo)
INFO & BIGLIETTI
Clicca per i biglietti del tour che continua in Europa
WEB & SOCIAL
L’articolo Live report e scaletta – ELTON JOHN: conquista San Siro e saluta proviene da Newsic.it.